La Piovra delle Ardèche


di Nando Musmarra

 

PaleoArt di Loana Riboli

 

La Voulte-sur-Rhone Ammonite

Il rapporto epistolare prometteva benissimo, la cortesia del curatore del museo e la sua disponibilità ad incontrarmi al di fuori degli orari d'apertura, lasciavano presagire una gita memorabile. Anche il sole, che iniziava a scaldare quella mattina autunnale sulle rive del Rodano, contribuiva ad aumentare il mio buonumore. Arrivato a La Voulte-sur-Rhone vengo accolto dalla scultura di un enorme ammonite piazzata proprio accanto al cartello di benvenuto alla città, che la dice lunga sulla capacità dei francesi di saper valorizzare le risorse geoturistiche dell' Ardèche, la regione a sud di Lione che si estende su altopiani coltivati a frutteti e vigneti, dominati dal massiccio del Coiron e tagliati in due dal fiume Rodano.

La zona, rinomata per la caratteristica architettura dei suoi paesini interamente costruiti con pietra calcarea proveniente dalle locali cave, è nota nell'ambiente della paleontologia per alcuni ritrovamenti che hanno contribuito a chiarire importanti aspetti dell'evoluzione.

Bernard Riou Véronique Brochier

Appena messo piede al Musée de Paléontologie de La Voulte-Sur-Rhone incontro Bernard Riou e Véronique Brochier, simpatici e cordiali, che dirigono un luogo immerso in quella particolare atmosfera che caratterizza quei musei "storici" che hanno un'anima, nelle cui vetrine artigianali i cartellini un pò ingialliti sono scritti a mano, in china e bella grafia. Bernard e Veronique mi mostrano subito due reperti mai rinvenuti altrove, i crostacei Kilianocaris sp., SEPKOSKI (2002), e Dollocaris sp., SECRETAN & RIOU (1983), caratteristici per l'aspetto del loro carapace dalla particolare forma a bivalve.

Kilianocaris Dollocaris

Belemnite con le parti molli conservate perfettamente - Le pinne natatorie di forma triangolare presenti sia nei calamari che nella piovra fossile francese indicano le affinità evolutive tra questi due generi

 

Poi, proprio al centro della sala, c'è il fossile che tanta strada mi ha fatto fare: lo splendido esemplare di Proteroctopus ribeti, che con i suoi 155 milioni di anni, ha detenuto per vari anni il record della piovra più antica mai ritrovato.

Pohlsepia mazonensis

Pohlsepia mazonensis, holotype, in nodulo di siderite, Upper Carboniferous (Westphalian), Francis Creek Shale Member, Carbondale Formation, Illinois - Immagine da WIKIPEDIA

 

Allo stato fossile gli Octopoda sono conosciuti per un numero molto ridotto di esemplari, alcuni Paleoctopus, WOODWARD (1896), da Sahel-Alma in Libano, risalenti a circa 70 milioni di anni fa, il Proteroctopus ribeti, FISHER & RIOU (1982) dalle Ardèche (Calloviano inferiore, esemplare unico), ed uno dai noduli carboniferi di Mazon Creek in Illinois, il Pohlsepia Mazonensis, KLUESSENDORF & DOYLE (2000). Si tratta di pezzi veramente rari, perchè la struttura del corpo dela piovra è costituita interamente da parti molli, che difficilmente si rinvengono allo stato fossile; calamari e crostacei, al contrario, avendo alcune parti del corpo più consistenti (il rostro per i primi e il carapace per i secondi), fossilizzano più facilmente, per la grande gioia dei paleontologi, dei collezionisti e dei cercatori di fossili.

La straordinaria scoperta del Proteroctopus ribeti, fatta da Bernard Riou nel 1982, permise, oltre che a retrodatare il ritrovamento delle prime piovre di 80 milioni di anni, di giungere a conclusioni fondamentali a proposito dell'evoluzione degli octapoda e sul loro grado di affinità evolutiva con i calamari, per la presenza in entrambi i casi delle pinne natatorie.

Proteroctopus ribeti

Proteroctopus ribeti, interpretato da Loana Riboli ©


Con l'ausilio di una mappa geologica, Bernard mi ragguaglia sulle trasformazioni che la regione delle Ardèche ha attraversato in milioni di anni. Infatti tutta la zona in cui mi trovo,  oggi famosa per la produzione di ottimo vino, durante il Giurassico medio era sommersa dalle acque insieme a gran parte della Francia attuale; i fenomeni di uplift, culminati nell'orogenia delle Alpi, hanno poi sollevato i sedimenti dei fondali marini. L'erosione  prima, l'opera dell'uomo poi (già dalla prima metà dell'800 le grandi cave locali fornivano i blocchi di pietra usati nelle armoniose costruzioni delle Ardeche), ci hanno permesso di conoscere la l'eccezionale ricchezza dei giacimenti fossiliferi della zona. Bisognerà aspettare l'inizio degli anni ‘80, quando il paleontologo Bernard Riou valorizzò definitivamente i reperti fossili delle Ardèche, dando una svolta della ricerca paleontologica sistematica sul massiccio del Coiron e facendo conoscere alla scienza nuove faune di artropodi fossil: Kilianocaris, Clausia, ed il gigantesco Dollocaris.

Una delle peculiarità delle lastre calloviane di La Voulte-sur Rhone è quella di mostrare ai raggi X le sagome degli organismi fossilizzati in esse contenute, anche se si tratta di animali costituiti solo da parti molli come nel caso del Proteroctopus ribeti.

Proteroctopus ribeti

Proteroctopus ribeti, holotype, la piovra risalente a 155 milioni di anni fa, circondata dalle stelle marine Ophiopinna elegans, Heller (1858).


Dopo la lezione di geologia in pillole, Bernard abbassa le luci della sala, e mi invita ad immergermi nell'atmosfera dei mari calloviani attraverso i fossili esposti nelle vetrine del museo...chiudo gli occhi, li riapro e mi ritrovo a nuotare negli abissi insieme a pesci, ammoniti, stelle marine, cefalopodi e crostacei. Mi concentro sulla scena, ma non sono tranquillo... prima di chiudere gli occhi, ho visto alle mie spalle una vetrina con alcuni magnifici denti appartenenti a squali giurassici e ad altre terribili creature, come i plesiosauri, mhhhh...forse è meglio continuare la visita in modo tradizionale....

Hipparion gracilis con feto

Hipparion gracilis, DE CHRISTOL (1832) - Guardando con attenzione la foto grande noterete che gli animali sono due: c'è infatti un puledrino nella pancia della mamma - Per gentile concessione di Bernard Riou © Photo

 

Dopo il tuffo nella sala dei fossili giurassici, che gia da soli valgono il viaggio dall'Italia, passo alla sala successiva dove mi aspettavo la "solita" collezione di fossili provenienti da varie parti del mondo: invece, con mia somma sorpresa mi trovo di fronte a pareti "arredate" con lo scheletro completo di un piccolo cavallo, l'Hipparion gracilis e due enormi scheletri dei progenitori degli odierni cinghiali, i Microstonyx sp., PILGRIM (1926).

Microstonyx mayor antenato del moderno cinghiale

Microstonyx mayor, l'antenato del moderno cinghiale - Per gentile concessione di Bernard Riou © Photo

 

Esposti nella stessa sala ci sono anche una miriade i fossili su lastre grigio chiaro dalla struttura a grana finissima (insetti, uccelli, foglie, pigne, serpenti, pesci, anfibi e piccoli mammiferi), così perfetti da sembrare appena usciti da una pressa tipografica (o schiacciati da un rullo compressore per l'asfalto...)

Parapodemus sp. - Topo fossile

Parapodemus sp., SCHAUB (1938) - Topo fossile

 

Resto a bocca aperta, strabiliato, nemmeno sospettavo l'esistenza di un secondo giacimento di tale importanza nelle Ardèche, voglio saperne di più e Bernard si presta ad un'altra veloce lezione di geologia sulla formazione di Coiron, descrivendomi il paleohabitat in cui si trovarono a vivere i reperti fossili del giacimento, che, molto piu' recente del Calloviano della sala precedente, risale ai periodi Tortoniano e Messiniano dell'era terziaria con i sedimenti che si presentano con una facies a diatomite.

Prolagus crusafonti antenato della lepre fischiatrice

Prolagus crusafonti, LÓPEZ MARTINEZ (1978), antenato della lepre fischiatrice

 

A quel tempo le Ardèche avevano un clima sub tropicale, simile a quello delle attuali Isole Canarie, ed erano soggette ad un'intensa attività vulcanica. C'era un ambiente paludoso, probabilmente dovuto alle continue variazioni di livello delle acque di un grande lago d'acqua dolce, il cui fondale era caratterizzato da una massiccia presenza di alghe. Sulle rive di questo lago si davano appuntamento per abbeverarsi tutti gli animali grandi e piccoli della zona, inclusi uccelli e insetti.

Miocenoprasia grassetti cicala fossile Tibicina Gigantea

In alto Miocenoprasia grassetti, BOULARD & RIOU (1989), l'insetto più raro del giacimento. I discendenti di questa cicala tropicale vivono oggi nell'Australia meridionale. A destra, il maschio  di cicala Tibicina Gigantea, BOULARD & RIOU (1989), questo esemplare è la più grande cicala mai vissuta su questo pianeta. Oggi, come 8 milioni di anni fa, il canto delle cicale caratterizza le serate della Francia meridionale di cui le cicale sono il simbolo.

 

Probabilmente la causa che ha provocato la morte di molti degli animali che vivevano sul massiccio del Coiron fu un'eruzione vulcanica. Le povere bestie sono morte per asfissia, cadendo nel lago o presso le sue sponde nel tentativo di cercare la salvezza in acqua. Una volta terminate le eruzioni, l'acqua del lago, evaporando, ha lasciato che le alghe avvolgessero completamente le carcasse, sigillandole e preservandole dalla decomposizione che l'esposizione all'aria avrebbe altrimenti provocato. Eruzioni successive hanno poi coperto questi sedimenti con strati di basalto, in alcuni punti alti più di 20 metri, che hanno protetto le formazioni fossilifere dall'inesorabile lavoro di erosione dei ghiacci che, durante le ere glaciali ricoprirono il Nord dell' Europa. Questi strati fossiliferi sono costituiti da roccia silicea, la diatomite, formatasi con l'accumulazione delle strutture di alghe unicellulari, le diatomee, molto diffuse in tutte le acque del nostro pianeta, sia dolci che salate. Le più comuni diatomee nei depositi francesi sono la cyclotella (di forma circolare) e la navicula, dalla caratteristica forma ovale, che era dominante nella regione delle Ardèche. Quello che differenzia le diatomee dalle altre alghe è la proprietà di fissare il silicio in acqua, formando una specie di microscopici scheletri, o frustules, che hanno una grandezza generalmente compresa tra cinque e cinquanta micron. La struttura di questa roccia è quindi una delle più fini al mondo, così fragile e leggera da galleggiare sull'acqua.


Rospo fossile  Discoglossus sp.

Discoglossus sp. - Per fortuna a quei tempi non c'erano belle fanciulle che regalavano baci, altrimenti avremmo rischiato di perdere questo bellissimo ranocchio fossile...

 

Bernard mi racconta in modo avventuroso alcune delle mille storie legate ai fossili conservati nel museo: di quando l'Hipparion gracilis è stato salvato per un pelo da una ruspa che lo stava distruggendo, e di come, una volta in laboratorio, abbia scoperto che i cavalli erano due, poichè il cavallo era una "lei" ed era incinta di un feto di alcune settimane! Anche la lastra che conteneva il Microstonyx mayor, un antenato del moderno cinghiale lungo quasi due metri, già di per sè ritrovamento più unico che raro, conteneva una sorpresa: durante la preparazione del fossile, infatti, Bernard trovò nella stessa lastra un altro cinghiale delle stesse dimensioni "inglobato" nei sedimenti!

uccello fossile becco piume e occhio

Un incredibile uccello che ha conservato il becco, le piume e persino l'occhio

 

Il museo espone fossili di una rarità e qualità che non ho mai visto altrove: un l'uccello completo di piume, con tanto di occhi e becco, rane, innumerevoli  coleotteri,  pesci, una lepre e un ratto che conserva incredibilmente la peluria quasi intatta (fa quasi impressione: sembra morto di fresco schiacciato dalle ruote di un'auto), e resti vegetali di pigne, noci, castagne, foglie fossili.

I racconti vengono interrotti dall'arrivo di una chiassosa scolaresca venuta a visitare il museo e a prendere parte ad una gita didattica.

 Pigna fossile e foglia di Cinnamon del Coiron

Pigna fossile e foglia di Cinnamon del Coiron

 

Infatti è stata organizzata una escursione ad una cava nelle vicinanze, così formiamo una carovana di auto e seguiamo Bernard fino alla destinazione, dove accediamo, scortati da un dipendente della miniera, attraverso un ingresso secondario lontani dai grossi e rumorosi camion.

FotoCava  Nando Musmarra -

Con la cooperazione della Lafarge, proprietaria della cava, Bernard ha realizzato alcuni cartelloni esplicativi che aiutano le scolaresche a capire in modo semplice le stratificazioni e la geologia delle Ardeche, le faune fossili presenti nella regione e nella cava, i processi dell'estrazione mineraria e della lavorazione del materiale estratto.

Io cerco di defilarmi in modo più o meno disinvolto, e con aria di noncuranza mi allontano riuscendo a precedere di qualche minuto i bambini nella ricerca di fossili nei cumuli di detriti... diamine... ne avrò pure diritto, i bambini sono avvantaggiati nella ricerca dei fossili dal fatto di avere gli occhi più vicini al terreno! Wink.

Denti di squali cretacei

Allons enfants, les fossiles!

 

La mia ricerca in solitario dura, purtroppo, pochissimo, un ragazzino dai capelli rossi nota i miei movimenti e da l'allarme: vengo raggiunto in pochi secondi dalla chiassosa scolaresca. La guerra è dichiarata e NON SI FANNO PRIGIONIERI!!! ... Ci lanciamo tutti sui cumuli di detriti mai ispezionati prima, ricolmi di fossili, ed iniziamo a scavare, cercare, setacciare con l'aiuto degli arnesi messi gentilmente a disposizione dalla direzione della cava. Subito mi salta all'occhio un primo dente di razza, poi raccolgo denti di squalo come fossero fragole. I sedimenti provengono dalla formazione cretacea di Roussas, che è letteralmente piena di rimanenze fossilizzate di vertebre e denti di razze e squali.

Denti di Squalo Raccolta Giornaliera

Misti ai cumuli di detriti a denti di squalo, ci sono anche montagnole provenienti da altri strati calcarei, contenenti una infinità di piccoli ammoniti. Bernard mi chiama in disparte e mi accompagna verso un altro grande cumulo di inusuali pietre grigio-verdastre, appena scaricate da un camion: sono i sedimenti della famosa diatomite. Prende una roccia, e con un leggero colpetto di un affilato arnese metallico la divide in due.

Insetto fossile - Diatomite

Un coleottero della famiglia Lucanidae regalatomi da Bernard Riou

 

Non ci crederete, ma al primo tentativo esce fuori un coleottero e, sotto lo sguardo invidioso del ragazzino dai capelli rossi, me lo regala!!!

I fossili mummificati contenuti nella diatomite si presentano perfetti, ma appena a contatto con l'aria, la lastra inizia ad essiccarsi ed il fossile si rattrappisce scollandosi dal supporto. Bisogna intervenire immediatamente e fissare il tutto spennellandoci sopra una miscela di acqua e colla vinilica, allo scopo di inumidirli e stenderli, ed evitare che, essiccandosi, si rovinino. Se i fossili sono di dimensioni molto grandi come nel caso dell'Hipparion gracilis, non basta il solo collante ma serve anche del consolidante.

E' molto facile aprire le lastre, mi do da fare anch'io di buona lena. Dopo una ventina di tentativi ecco venir fuori prima una bella foglia, seguita subito da un insetto molto definito, purtroppo senza testa, che adesso fa bella mostra di sè nella mia collezione. E' davvero un piacere lavorare con la diatomite: è una specie di farina rocciosa leggera e porosa: se si tiene una lastra appena aperta sospesa in aria, dopo qualche secondo perderà qualche goccia d'acqua, il suo colore andrà rapidamente schiarendosi, passando dal grigio-verde scuro ad un caratteristico grigio chiaro e diventerà leggera come balsa.

La Francia è uno dei più grandi produttori mondiali di diatomite, un minerale molto importante nella produzione industriale perché sostituisce l'amianto come materiale isolante. La diatomite è anche impiegata come filtro nell' industria alimentare, come potente abrasivo ed essendo un materiale chimicamente inerte, è usata come base per prodotti farmaceutici.

Formazione Coiron - Insetto Fossile

Un altro insetto: notate la definizione delle minuscole ali. Purtroppo la testa manca.

 

Intanto alla cava, tutti i collezionisti si danno alla pazza gioia, passando dai denti di squalo alle ammoniti, dalle foglie e agli insetti fossili... finchè Bernard non richiama la folla all'ordine segnalandoci che il tempo a nostra disposizione è terminato.

Riponiamo i nostri tesori in contenitori improvvisati ed usciamo dalla cava in fila indiana... peccato, proprio adesso che cominciavo a divertirmi davvero.

Macrocephalites macrocephalus fossile guida

Alla cava tutto parla di fossili, la foto piccola mostra un muro di contenimento abbellito da una scultura in ferro a forma di ammonite. Nella foto grande un Macrocephalites macrocephalus, SCHLOTHEIM (1813), fossile guida del Giurassico medio. Il suo ritrovamento nello stesso strato del polpo Proteroctopus ribeti ha permesso di datare con precisione il raro decapode.

 

Pochi giorni dopo la visita al museo de La Voulte-sur-Rhone e la visita alla cava della Lafarge ho ricevuto una email di Bernard con la notizia di un altro suo eccezionale ritrovamento: un'antilope fossile, la Graecoryx andancensis, ROMAGGI (1987). L'antilope misura 70 cm. al garrese, e otto milioni di anni fa, nonostante la sua agilità, non è riuscita a scappare ai mortali gas vulcanici.

Graecoryx andancensis

Epilogo

Se vi è venuto l'irrefrenabile desiderio di mettervi in macchina e partire in direzione di La Voulte-sur Rhone, desistete. Non molto tempo dopo la mia visita, nel 2007 l'eccezionale Musée de Paléontologie ha purtroppo chiuso i battenti. Bernard Riou continua ad occuparsi del giacimento calloviano di cui è stato nominato conservatore, e sta lavorando all'opportunità, insieme con le istituzioni, di organizzare un nuovo museo per esporre al pubblico una delle collezioni fossili più belle del mondo. Il futuro museo sarà più grande e più moderno di quello che purtroppo ha chiuso, spero solo che non perda la magia che i luoghi storici, come i vecchi musei e le vecchie biblioteche, posseggono. Visitare questo museo è stata una delle esperienze, paleontologicamente parlando, più interessanti della mia vita, spero che quanto prima le Ardéche "resuscitino" una delle loro attrazioni più belle.

Alè, Bernard, alè.


Musée Virtuel de Paléontologie de La Voulte-Sur-Rhone

 

Nando Musmarra © 1999-2010